martedì 17 novembre 2009

Roxana Gavrila

Schopenhauer, senza dubbio, ha una visione molto pessimistica del mondo. E’ vero che la vita è breve e che questo mondo è pieno di violenza, disgrazie, malattie e mancanze, ma, secondo me la vita non ha nessun senso se non hai qualcosa per cui devi lottare, soffrire o sentire mancanza,sentire che sei venuto nel mondo con un scopo. Certo che tutti vogliamo vivere meglio,avere tutto ciò che ci piace e non soffrire più o vedere uomini che soffrono. Ma se ci pensiamo un po’ noi, uomini, siamo gli unici colpevoli di tutte le disgrazie che succedono nel mondo. Noi,uomini,con il nostro egoismo, con il nostro desiderio di stare ogni giorno meglio abbiamo trasformato questo mondo in una bestia che ci sta divorando poco a poco. Forse non tutti siamo consapevoli di tutto quello che ci sta succedendo o forse lo siamo ma abbiamo paura di affrontare la realtà. Secondo me bisogna andare avanti,superare tutte le paure,guardare il mondo e sperare che un giorno sarà meglio,perché la vita è breve e bisogna viverla attimo con attimo.

Mara Panero

Schopenhauer in un suo brano sostiene che la vita di ogni uomo sia paragonabile ad un orologio che viene caricato ogni qual volta un individuo nasce.
La carica dura fino a quando non sopraggiunge la morte che segna la fine del movimento delle lancette che per un'intera esistenza hanno scandito,con il loro lento scorrere,il tempo di ogni persona.
L'immagine che Schopenhauer ha del corso della storia,dell'umanità mi ha portato a riflettere e mi sono resa conto di come la vita do ognuno di noi non sia altro che una copia di quella di altri uomini con l'unica differenza che alcuni di noi hanno avuto la fortuna di essere nati in un paese sviluppato piuttosto che altrove,che certi hanno la possibilità di studiare mentre altri si ritrovano a dover lavorare fin da bambini per la loro sopravvivenza.
Prendendo poi la mia vita come esempio e paragonandola a quella dei miei coetanei che vivono nel mio stesso Paese mi rendo sempre più conto come l'immagine della melodia che si ripete con una serie di battute che si differenziano poco le une dalle altre per indicare l'umanità,che non è altro che un susseguirsi di uomini che nascono e muoiono e sono poco diversi gli uni dagli altri sia vera; a noi sembra di essere molto diversi ma in realtà se potessimo vederci da fuori non siamo altro che un gruppo di individui omologati,che fan le stesse cose,si vestono alla stessa maniera e pochi hanno il "coraggio"di comportarsi in modo diverso senza temere di esprimere le proprie idee.
Non sono d'accordo sull'affermazione di Schopenhauer dove dice che gli uomini camminino nel mondo senza sapere il perché; a me piace pensare che ognuno di noi abbia invece obiettivi,mete da raggiungere diverse e che nel corso delle propria vita si trovi un senso alle cose che si fanno. Gli animali invece,contrariamente all'uomo,vivono senza sapere il perché di quello che fanno,poiché non facendo uso della razionalità vivono seguendo unicamente secondo quanto dettano loro gli istinti,gli impulsi, ecc..
Ognuno di noi,concludendo,è simile agli individui della propria specie a tal punto da sembrarne una copia con piccole differenze che riesce a diversificarsi se non accetta di omologarsi con quanto la società propone,la moda dettai media dicono. La differenza in ognuno di noi sta nel fatto di perseguire i propri obiettivi e mantenere saldi i principi in cui si crede ;soltanto così la melodia dell'universo che viene sempre ripetutamente suonata sembrerebbe composta da note con notevoli variazioni.

TIziano Castagno

Schopenhauer ha una visione del mondo e delle cose molto vicina alla mia.
Egli presenta la vita dell'uomo come un ciclo infinito in cui ognuno di essi viene generato e un 'attimo successivo sostituito dalla creazione di un secondo. Il filosofo afferma che le variazioni compiute da ognuno sono insignificanti. Mi trovo d'accordo su questa affermazione : tutti i cambiamenti - che l'uomo compie nel corso della sua vita non hanno alcun valore a livello universale, ma per l'umanità stessa il contributo di ognuno di noi , invece, sicuramente sì. Le azioni di un uomo possono influenzare in modo positivo o negativo l'esistenza di un altro. L' evoluzione dell'uomo nella storia ha sicuramente portato alla nascita di nuovi desideri negli uomini "nuovi".
« La vita di ogni singolo uomo è una tragedia » afferma Schopenhauer. Egli puntualizza, però, che essa possiede anche alcuni caratteri della commedia. Ciò che il filosofo intende come tragedia sono i desideri inappagati, le speranze calpestate e i funesti errori di tutta la vita. Tuttavia io ritengo che ognuno di questi elementi dia un significato alla vita dell'uomo, I desideri inappagati riempiono la vita dell'uomo con la continua ricerca dei mezzi per esaudirli, le speranze calpestate fortificano l'animo umano q i funesti errori di tutta la vita sono la più grande fonte di sapere umano e insegnano a questo a non ripeterli e agire con maggior prudenza e secondo ragione.
Schopenhauer paragona il mondo all'inferno. In effetti, il mondo è un luogo, di continue tragedie: le cose belle hanno una scadenza e la loro fine è spesso disastrosa, ciò che è male, invece, resiste nel tempo. Possiamo ad esempio pensare a tutte le guerre e agli scontri che da sempre si verificano sulla terra, da un lato o l'altro di essa. O riflettere sul fatto che al giorno d'oggi sull'intera popolazione mondiale pari a 6,7 miliardi di persone 4,6 miliardi vive nella più completa povertà morendo di fame e malattie che potrebbero essere evitate, non avendo accesso a un sevizio igienico- sanitario e all'istruzione e sopravvivendo con un misero dollaro al giorno.
Di certo la teoria di Schopenhauer è esatta : Dante nel descrivere l'inferno ha avuto una fonte d'ispirazione ricchissima osservando la condizione dell'uomo sulla terra. La concezione del mondo del filosofo è di sicuro pessimistica ma fondamentalmente veritiera .

Simone Rinaldi

"Gli uomini somigliano a orologi,che vengono caricati e camminano, senza sapere il perchè"; così scriveva Schopenhauer e così scriverei anch'io.
La vita è paragonabile a qualsiasi oggetto che ci indichi il trascorrere del tempo; e l'orologio è perfetto come immagine della nostra f(x) che scorre all'infinito su di un piano. Nasciamo e le lancette partono, tic-tac tic-tac, è iniziato il nostro lungo cammino verso la morte; qualsiasi cosa faremo, quell'orologio non si potrà più fermare, non si potrà rompere, sarà incorruttibile, non ci aspetterà, dovremo essere abili, tic-tac tic-tac. Abili? Si, dobbiamo acquisire l'abilità a vivere, perché vivere comporta molto di più del semplice fatto di respirare, vivere significa imparare a sfruttare ogni singolo momento, a trasformare il minuto ìn sessanta inestimabili secondi di vita, per costruire qualcosa che vada oltre ìl tempo e il decadere imposto a tutte le cose dal divenire continuo di questo mondo inarrestabile.
Credo che i sentimenti o comunque la parte più emotiva del nostro essere siano le uniche cose in grado di perseguire lo scopo comune a tutti gli esseri che come già detto è vivere. Alcuni pensano che si viva per morire, io credo che si debba morire per poter vivere.
Schopenhauer; per lui la vita era un immenso dolore fatto di desideri inappagati, di speranze calpestate dal destino, di errori funesti ecc. e il tutto veniva a concludersi con un'amara morte. La tragicommedia della nostra esistenza era tutta qua. Bella prospettiva? No, direi di no. La vita, la vita ... ma in fin dei conti allora cos'è? Perché questo nostro arrampicarsi a mani nude su dei chiodi per poi morire prima di arrivare in vetta? E' mio pensiero credere nella superiorità della mente sul corpo e sugli impulsi naturali e della volontà di vivere; Con la mente si può viaggiare lontano dalle sofferenze, dai dolori, dalla morte. La mente è un mezzo di fuga dal reale che ci porta nell'ideale. Questo ideale è un'illusione della vita, ma in fondo cosa importa? L'importante è vivere, anche a costo di aggiungere un po' di irrazionale alla razionalità di ogni giorno; l'irrazionalità è l'antidolorifico della vita. Ma allora vivere è tutto tempo perso? Ebbene no.Dopo la morte, si passa dal mondo reale e razionale, a un'altra dimensione che coincide con l'irrazionalità e tutto quanto di irrazionale avremo creato nella vita terrena, ce lo porteremo con noi per dar un contributo all'infinità della realtà in sé stessa. Ci rendiamo dunque conto che la vita non è altro che un istante dell'eternità, un punto in un piano. Tutto ciò che siamo è destinato ad annullarsi dentro quello che è il noumeno schopenhaueriano. Capiamo che davvero siamo solo uno strumento della natura per perpetuare la specie tramite l'indomabile volontà di esistere. Ma in questo panorama di pessimismo cosmico dovrà pur esserci una ragione di vita! Sì, dobbiamo semplicemente pensare che tutto ciò che facciamo ha un senso e un perché anche se ci sarà spiegato solo dopo morte. Questo concetto è riassumibile in una frase: "Ogni cosa che facciamo è una goccia nell'oceano, ma se non ci fosse quella goccia all’oceano mancherebbe. "

Rossana Cammardella

Da questo brano di Shopenhauer, tratto dalla sua opera più importante, si può percepire la sua visione pessimistica sulla vita e sul mondo. Egli infatti considera il ripetersi delle vite umane come le stessa musica che è già stata suonata infinite volte: la nostra comparsa nel mondo è come un'immagine fuggitiva, appena percettibile di fronte all'immensità di questo flusso, volontà di vivere, permanente.
Personalmente, penso che Shopenhauer sia uno dei pochi che abbia preso coscienza del fatto che l'uomo viene al mondo col tentativo di soddisfare dei desideri inappagabili, vivendo nel dolore, provocato proprio da questa impossibilità di appagamento, e terminando con la morte. La nostra è quindi un'esistenza effimera, e tutto quello che compiamo quando siamo al mondo svanisce con noi al momento della morte.
Sono d'accordo con lui per il fatto che l'uomo tenti di nascondere questa sua condizione di "inutilità" di fronte al mondo, che faccia finta di niente: se io dovessi vivere col pensiero fisso che la mia vita è finalizzata soltanto alla riproduzione della specie e che la morte e il mio destino travolgeranno tutto quello che ho fatto in vita, penso che non riuscirei e trovare un senso alle mie attività, alle mie idee, alla mia vita, perché non interessano né al corso degli eventi né alla mia specie. Quindi, io cerco di pormi degli obiettivi da raggiungere per ottenere una soddisfazione personale, per cercare di assegnarmi un ruolo nella società, anche se so (inconsciamente) che quando non ci sarò più qualcun altro prenderà il mio posto. E alla specie non interessa chi o che cosa prenderà il mio posto ma semplicemente che accada.
Sono consapevole che questa sia una visione pessimistica, nel senso che in fin dei conti potrei anche chiedermi che cosa ci faccio qui. Ed è proprio per colmare questo vuoto in cui non trovo una vera e propria risposta, che io cerco di vivere al meglio soddisfando quei desideri che mi fanno stare bene, ad esempio gioco a pallavolo, suono il pianoforte, trascorro il tempo in compagnia dei miei amici e della famiglia, vado a scuola per poter ampliare le mie conoscenze in modo da potermi specializzare in qualche settore specifico e rendermi utile al progresso della società. Se quindi non mi ponessi degli obiettivi per dare proprio un senso alla mia esistenza, penserei realmente che questa sia inutile.
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E’ vero, tutti gli uomini vengono al mondo e fanno esattamente le stesse cose. Ma per ognuno di noi è importante avere la certezza che facendo una determinata attività o azione otterrà una ricompensa, che è il suo obiettivo finale, dando un senso a tutto ciò che fa.

Federica Favole

Goffi tipi da commedia. Quattro parole per riassumere la nostra esistenza.Ogni giorno ci svegliamo progettando già la nostra giomata,senza essere neppure ancora scesi dal letto,come se realmente potessimo fare qualcosa per il mondo che ci circonda.
Ci arrabbiamo,ci agitiamo,ci trnpegnamo in tutto quello che facciamo,recitando ogni giorno una scena della vita che vorremmo.Ma senza alcun dubbio ne vale la pena: illuderci un poco,chiudere gli occhi di fronte alla vita reale, giudicata una tragedia da Shopenhauer stesso.
La vita è una sola,breve o lunga che sia, abbiamo solo questa.
Oggetti della volontà di vivere o meno,ci è stata data la possibilità di vivere e sarebbe inutile rimanere fermi a riflettere su quanto poco contiamo per il mondo e sul ruolo di pedine della riproduzione che noi stessi ricopriamo. Se per il mondo non siamo nessuno, per i nostri genitori, per i nostri amici e per tutte le persone che sono legate a noi siamo qualcosa di speciale e unico, qualcosa che ha dato loro sorrisi, emozioni e ricordi.

Gianluca Milano

In riferimento al brano "Il mondo come volontà e rappresentazione " di A. Shopenhauer significativa risulta a mio parere la metafora dell'orologio. Tutti gli esseri umani vengono paragonati a degli orologi che vengono caricati e funzionano senza essere consapevoli del perché. La vita umana diventa quindi un ciclo che si ripete costantemente con "variazioni insignificanti" e il tutto è sospinto solamente da un impulso inconscio, unico ed eterno: la cosiddetta "volontà di vivere".
La visione pessimistica dell'uomo descritto come una semplice "traccia della volontà sul foglio infinito dello spazio e del tempo" non lascia spazio ad un Dio. L'unica forza regolatrice del genere umano è quindi la cosiddetta "volontà di vivere" che spinge l'uomo a riprodursi e a far sopravvivere il genere umano.
Dopo queste riflessioni la nostra vita perde completamente il senso della propria esistenza. Questa visione nega infatti la libertà di ogni essere umano che inconsciamente è limitato nel suo agire da questa forza contro la quale esso non può opporsi in nessun modo.
Shopenhauer mette in luce una riflessione che ritengo che ogni uomo ,coscientemente o inconsciamente, non può fare a meno. Il senso che attribuiamo alla nostra vita non essendo chiaro, ben definito e unico per tutto il genere umano lascia spazio al dubbio che il senso vero della nostra esistenza sia diverso da quello che noi stessi ci siamo stabiliti. Questi dubbi, che pervadono necessariamente tutti coloro che provano a dare un senso alla propria vita, portano anche gli uomini più ottimisti a pensare che esso non esista.. Ritengo che ogni essere umano consapevole di tutto ciò cerchi di ingannare se stesso attribuendo alla propria vita scopi legati a beni materiali o ad un dio che diventa, nella maggior parte dei casi, non una convinzione del nostro spirito ma bensì una semplice illusione, necessaria per giustificare e dare un senso alla propria esistenza. Diventa quindi un dio che, grazie all'illusione della sua esistenza, pone grandi speranze negli animi umani. Senza questi inganni e illusioni che fanno ormai parte dell'animo umano l'uomo non riuscirebbe a compiere nemmeno la più inutile delle sue azioni, tutto perderebbe il proprio senso. Illusioni e inganni diventano quindi i pilastri fondanti dell'intera società.
La vista di un cadavere, come afferma Shopenhauer, ci fa tornare alla mente la nostra vita che è basata su queste illusioni e quindi insignificante. Si comprende che quindi è solamente una manifestazione provvisoria della natura, un breve sogno dell'infinito spirito naturale. Davanti a queste scene di dolori e strazi l'uomo cerca di distogliere immediatamente il proprio pensiero. Pensare alla morte infatti è una delle azioni che maggiormente lo affligge e lo rattrista. L'unico modo per vivere sereni la nostra esistenza è quello di autoingannarsi e non pensare alla propria condizione. Nascono da ciò tutti i divertimenti del genere umano che, anche se non possono distoglierlo dal dolore, lo alleviano momentaneamente.
La nostra vita diventa ogni giorno di più una ricerca di divertimenti e di distrazioni che rendono l'uomo un buffo attore di una commedia che, in realtà, è una vera e propria tragedia di cui si conosce già il finale, la morte. Non resta che prendere consapevolezza di tutto ciò e una volta compreso che un senso alla propria vita non esiste ci si pente di aver riflettuto su ciò, ritenendo che se non si fosse pensato al senso della propria vita l'esistenza sarebbe più serena. Non riflettere su tutto questo lascerebbe gli uomini ad agire solamente con il proprio istinto e ad essere un vero e proprio animale. Ma l'uomo, come tale, grazie alla ragione e spinto dalla curiosità non può non riflettere su tutto ciò e, riflettendo, peggiorare il suo dolore.

Enrica Bergese

"Gli uomini somigliano a orologi, che vengono caricati e camminano, senza sapere il perché; ed ogni volta che un uomo viene generato e partorito è l'orologio della vita umana di nuovo caricato ".
Tutti noi cerchiamo di rendere unica la nostra vita interponendo il nostro "io" davanti a qualsiasi cosa facciamo e senza accorgerci che tutti siamo uguali; la nostra ricerca è sempre la stessa e l'unica cosa di cui siamo certi , e il solo pensiero ci impaurisce, è la morte. La vita eterna dello spirito non è altro che un'illusione dell'uomo per allentare il pensiero che porta in noi sempre tristezza e dolore.
Le persone soffrono in continuazione; essendo insita nella loro natura la sofferenza, in essi vive un continuo desiderio che nel momento dell'appagamento porta un piacere purtroppo solo momentaneo, perché subito si ritorna a desiderare, quindi a provare nuovamente sentimenti di dolore.
Se poniamo l'attenzione sulla società odierna noteremo come ogni situazione sia conseguenza di un sentimento negativo; cerchiamo di fuggire di fronte a questa triste realtà, si cerca di riempire il tempo con un programma prestabilito e quando qualcosa stravolge i nostri piani ci ritroviamo soli e nuovamente sofferenti.
La nostra ricerca della felicità non è altro che una maschera alla nostra sofferenza.
"La vita non è altro che un sogno dell'infinito spirito naturale,della permanente volontà di vivere ".
La volontà di vivere ci porta a credere non solo nell'illusione dell'esistenza di una vita eterna spirituale, ma anche nell'illusione dell'esistenza dell'amore che non è altro che un bisogno istintivo della specie.
L'uomo, a differenza degli animali ,riesce a prendere coscienza di questo e si rende conto che gli attimi di piacere che prova sono veramente brevi, e ogni cosa è la conseguenza di una lunga agonia.
Siamo piccolissimi in confronto all'immensità dell'infinito, del quale non riusciamo a dare che spiegazioni puramente razionali e filtrate da noi stessi, attraverso la rappresentazione del nostro mondo; quindi non ci resta che continuare a vivere in questo mondo forse troppo grande per noi.
Ma se la vita è solamente un pendolo che oscilla tra i sentimenti di dolore e noia i nostri sentimenti positivi che cosa sono?

Matteo Ghigo

Ognuno di noi ha dei desideri. Ci sono uomini che per poterli realizzare farebbero qualsiasi cosa: c'è chi arriverebbe anche a compiere atti malvagi contro amici, parenti, conoscenti.
Lo stesso desiderio che possiamo tranquillamente paragonare ad una decisione all'interno della nostra vita, può essere realizzato attraverso modalità differenti. Non possiamo dunque dire che sia sempre LA STESSA MUSICA CHE SI RIPETE ma un susseguirsi di note che si modulano a seconda delle decisioni che prendiamo. Alla realizzazione di un desiderio si sussegue un'altra aspirazione ad un altro nuovo. Questo susseguirsi di ricerche di realizzazione di un qualcosa ci possono si rendere la vita più frenetica e metterci agitazione ma durante i vari tragitti si ha la possibilità di vivere belle esperienze e di conoscere ottime persone.
Se riusciamo in un' impresa nel modo migliore e ne rimaniamo soddisfatti,col passare del tempo,potremo ricordare il passato e rivivere dentro la nostra mente quegli attimi che ci avevano riempiti di gioia e compiacimento.
Siamo tutti consapevoli che la nostra fine sarà tragica,che non saremo eterni,ma ciò non deve impedirci di dare il massimo di noi stessi poiché se saremo capaci di sfruttare le nostre doti e le nostre capacità saremo notati dagli altri,verremo acclamati e otterremo inoltre una soddisfazione personale.
Nel mondo vi sono persone ricche e persone povere. Chi ha avuto la fortuna di nascere da una famiglia benestante potrebbe,a mio modesto parere, aiutare quelle persone che non hanno la certezza di arrivare alla fine della giornata dandogli da vivere e permettendogli così di scampare da quel destino tiranno che sarebbe caduto su di loro. Il destino può calpestare le nostre speranze ma se noi ci aiutiamo a rialzarci potremo insieme cambiare le regole di quel gioco apparentemente impossibile da concludere. Lo strazio,la tristezza,per ciò che accade nel mondo non portano da nessuna parte;meglio utilizzare la mente che ci è stata concessa per elaborare una strategia per un rimedio.
II mondo è pieno di malvagità e di persone malvagie,Dante sicuramente aveva
l'imbarazzo della scelta su chi inserire all'interno dell'Inferno. Siccome però anche nel Paradiso sono presenti numerose persone realmente esistite (Costanza D'Altavilla, Giustiniano, San Francesco).
L’uomo non deve essere solo collocato all'Inferno, ci sono persone che meritano il Regno dei Cieli.
Gli uomini non sono tutti malvagi. La storia ci mostra diversi episodi dove la bontà di uomini buoni si contrappone alla malvagità di altri.
La scrittura forbita di Dante all'interno del Paradiso non è una ricerca di un'essenza inesistente di bontà all'interno dell'uomo ma un modo di cercare di comprendere Dio, la perfezione in assoluto,e tutto il suo creato attraverso l'inchiostro di una penna.

Stefano Pirone

Ebbene sì, siamo uomini somiglianti a orologi, veniamo caricati e utilizzati dalla stessa specie per poi essere "buttati via" una volta scarichi tramite la morte.
Dopo tutto a chiunque è capitato di temere la settimana lavorativa che deve iniziare o temere un compito in classe che appare impossibile. Ma nella vita sono tutte piccolezze che riempiono e fanno passare il nostro tempo. Se non fossimo mai affannati, se non facessimo niente di difficile la vita non sarebbe più vita. Non ci sarebbe più la soddisfazione di aver fatto qualcosa in cui credevi; ma per fare questo bisogna soffrire recitando in questa commedia che è portata avanti da noi stessi, i suoi burattini.
L'importanza di queste azioni non fa la differenza, infatti anche il lavoro del presidente ad esempio è una piccolezza della vita. Tutta la storia non è altro che una serie di eventi e azioni che si sono ripetute e che si ripeteranno semplicemente in altre forme e modi. È come se guardassimo un film che dura migliaia d'anni ma che non arriva mai a una conclusione; una tragedia che non porta a nulla, tutta la sofferenza che l'uomo prova e fa provare ad altri non porta a nulla.Una sofferenza che viene alleviata da quei pochi attimi di pace che si riescono a trovare durante la giornata. Ma allora che senso hanno le meraviglie del mondo che in numero sono molto inferiori alle sofferenze nel mondo? Che senso ha tutto questo? Suicidarsi non servirebbe a nulla perché non cambierebbe e non migliorerebbe le cose. Per vivere bene non bisogna pensare alle sofferenze che si proveranno e che si continueranno a provare ma godendoci ogni attimo di piacere. In questo modo saremo meno affannati dai desideri dai dolori e saremo più tranquilli. È vero che viviamo in un mondo in cui siamo sempre di fretta per il lavoro o per lo studio e nel quale il tempo sembra sfuggire come se niente fosse. Ma il tempo non sfugge affatto e la vita non è breve e dolorosa.
Noi la rendiamo breve pensando al futuro, e facendo così sarà breve e intensa, ma carica di sofferenze.
È vero, prima o poi tutti muoriamo, ma è semplicemente un processo naturale che permette di lasciare il posto alle generazioni future. Allora tutta la vita è un semplice processo naturale. Per dare un senso a questo processo razionale bisogna vivere attraverso delle illusioni come l'amore, che non è altro che un processo biologico.
Ma è sbagliato illudersi e pensare che la vita non è poi brutta come sembra? No, le illusioni sono il bello della vita, se non ci fossero potremmo davvero suicidarsi perché tutto ciò che facciamo non avrebbe alcun senso. Siamo anche consapevoli che dobbiamo contribuire alla continuazione della specie, cosa che per gli animali è spontaneo. E questo dovere possiamo svolgerlo come no ma comunque abbiamo la capacità, a differenza degli animali, di rendere la vita più bella tramite queste illusioni. È vero che la vita è piena di dolori ma ha anche i suoi lati positivi. Se poi la si guarda da un punto di vista "pessimistico" anche un evento piacevole viene svalutato dalla razionalità di tutto rendendolo un evento uguale ad un altro.
É vero che due persone innamorate è come se fossero illuse, però proprio questa capacità che abbiamo ci permette di goderci gli eventi della vita, non pensando alla loro insensatezza. Pensando che la nostra vita è una sofferenza aggiungiamo un'ulteriore sofferenza, la consapevolezza che tutto è un meccanismo incontrollabile.
Noi dobbiamo essere indifferenti a questa consapevolezza e goderci la vita a fondo, considerando le sofferenze come momenti che prima o poi saranno ripagati con piaceri. Fatichiamo, studiamo, ci stressiamo per un lavoro o per la scuola ma sappiamo che avremo sempre una ricompensa, pur sapendo che quest'ultima che ci fa star bene è il fine per cui soffriamo.

Luca Bruno

L'uomo si è da sempre posto delle domande sulla propria esistenza, tuttavia non è mai giunto a risposte soddisfacenti e veritiere. Come dice Schopenhauer, gli uomini sono una massa indistinta al servizio del tempo; vengono al mondo e, prima ancora di accorgersene, se ne vanno senza lasciare traccia, se non nel ricordo dei cari. Tutti gli uomini temono la morte senza sapere bene il perché: troviamo quindi sia persone che, convinte dell'esistenza di un mondo migliore posto chissà dove, purificano per quanto possibile il proprio spirito in modo da "alleggerirlo- e permettergli di salire in cielo, sia persone che seguono teorie materialiste che credono nell'esistenza del nulla dopo la morte. Certe volte mi domando chi, sulla faccia della Terra, stia percorrendo la giusta strada e otterrà in qualche modo un compenso per il suo comportamento. Purtroppo al giorno d'oggi la nostra; vita è troppo sottomessa ai criteri e agli obblighi che la nostra società ci impone, 'dunque ogni nostra azione ha uno scopo per un futuro più o meno prossimo. Se non ci relazioniamo con la società in cui viviamo siamo praticamente tagliati fuori dal mondo: il valore della nostra vita è già di per sé minimo, se a ciò aggiungiamo un nostro volontario isolamento, la nostra esistenza rischia di diventare vuota e vana. Come immediata conseguenza il nostro mondo è dominato dallo stress, dall'agitazione, dalla tensione e dalla continua agitazione di non essere "al passo con il tempo": ciò non può che creare un ambiente negativo intorno a noi che molto spesso ,'ci condiziona e ci induce ad assumere atteggiamenti e comportamenti scorretti che non rientrano nella nostra natura. Ormai però siamo un piccolissimo ingranaggio di questa potentissima macchina e per nostra sfortuna, anche se noi dovessimo bloccarci, questa continuerebbe il suo lavoro di creare la vita. Preferiamo dunque non pensare a questa nostra condizione, o peggio ancora negare l'evidenza e diventare uno dei tanti "attori che recitano nella commedia della vita".

Valentina Fissore

Arthur Schopenhauer è stato uno dei primi filosofi della storia ad "aprire gli occhi" sulla reale condizione umana: non siamo unicamente ragione, ma possediamo un corpo soggetto a desideri ed impulsi.
E sono proprio questi desideri a spingerci a continuare a vivere: si desidera perché si vuole colmare una mancanza, mancanza che quasi sempre si traduce con la presenza di dolore.
Dunque la vita dell'uomo è un continuo malessere, incurabile, che nessun piacere potrà mai alleviare.
Se non vi è felicità o gioia di vivere allora perché siamo al mondo? Shopenhauer risponde che la vita è un fatto quasi esclusivamente biologico: si nasce, ci si riproduce e infine si muore, al pari di tutti gli altri uomini, di tutte le epoche, etnie e paesi differenti.
Le scelte che facciamo, le azioni che compiamo, niente di tutto ciò ha una reale influenza sulla nostra esistenza in quando è medesima a quella di altri uomini che hanno percorso, solo in apparenza, strade differenti dalle nostre nel corso della loro vita.
Siamo paragonati dunque a "orologi caricati che camminano senza sapere il perché" o a "la stessa musica già infinite volte suonata" ad indicare che l'uomo è in fondo inconsapevole dello scopo ultimo della sua esistenza e che quest'ultima non è una novità o un qualcosa di speciale, bensì la stessa routine che si ripete da sempre. Ma allora se nulla ha un senso e la nostra vita ha come unica utilità quella di portare avanti la specie, come fare a non cadere nel pessimismo?
A mio parere, avere consapevolezza di come in fondo funzioni la nostra esistenza, non ci può e non ci deve privare della volontà e della possibilità di essere felici. Si devono riconoscere i propri limiti e comprendere che la ragione molto spesso è sottoposta all'istinto e che non bisogna teorizzare all'estremo il modo nel quale operi la ragione senza tenere presente la vita reale. Studiare nel minimo dettaglio le regole di un gioco non ci garantisce una vincita sicura.
Accettate le condizioni che ci impongono la natura e la biologia, non ci si può di certo lasciare in balia del caso pensando che comunque sia la vita non abbia alcuno scopo. La nostra esistenza ha un fine, ma forse, alle volte, non coincide con quello che ci saremmo proposti per noi stessi.
Nella mia opinione vivere significa porsi degli obbiettivi e cercare di raggiungerli nel limite del rispetto e del buon senso. Chi ha percorso la propria strada in modo, per quanto possibile, onesto e senza approfittarsi degli altri, per me, ha già raggiunto lo scopo della sua esistenza.
Non escludo la presenza della sofferenza nella vita; la nostra esistenza è caratterizzata da una continua alternanza di dolore e di piacere (che, per quanto esso sia fugace, è presente). Ma se l'uomo vivesse in uno stato di continua felicità cadrebbe nella noia, poiché le emozioni provate sarebbero sempre le medesime. E dolore spinge l'uomo a cercare di scacciarlo per raggiungere la felicità.
In conclusione, posso affermare che le teorie di Shopenhauer non ci devono spingere al pessimismo e al vivere infelici ma,accettate tali condizioni, bisogna sforzarsi di migliorare la propria qualità di vita; per esempio condivido il fatto che l'amore tra due persone sia, in gran parte, frutto di una spinta biologica. Ma, compresa la situazione, perché non dedicare una parte di noi ad un rapporto che possa renderci un po' più felici, o che forse solamente ci distrae dal pensare a quanto sia in fondo triste l'esistenza umana?

Eralda Konikoti

Ritengo che la vita sia solamente una grande occasione che ci viene offerta, possiamo scegliere se sfruttarla nel miglior modo possibile o lasciarla sfuggire con la stessa facilità con cui ci è stata offerta, ciò dipende da noi.
Abbiamo a disposizione un tempo limitato per soddisfare i nostri desideri , la vita non ha un senso è come una giostra sali, fai un giro e poi scendi.
Siamo solamente delle macchine che prima o poi smettono di funzionare, ciò spaventa I' uomo che ha così inventato Dio per alleviare i proprio timori. Siamo però, destinati a morire e in breve tempo verremo cancellati anche dalla memoria dei nostri cari. Solo alcuni hanno la fortuna di essere ricordati, la maggior parte della gente è invece destinata a far parte del nulla. Alcuni si chiedono perché esiste la morte e il dolore, ma come potremo capire che cos'è la vita se non esistesse la morte e come potremo comprendere cos'è l'amore se non esistesse il dolore.
Un esempio del rapporto male-bene è il fallimento, l'uomo infatti non si impegnerebbe a raggiungere le proprie mete se non sapesse della sua esistenza. Il male ci permette, dunque di comprendere il bene, questa è la nostra condizione.

Paolo D'aiuto

Se analizziamo l'ottica di Schopenhauer è ragionevole pensare che la nostra vita sia davvero una tragedia, ossia che non abbia un senso predefinito. Nel momento in cui veniamo al mondo, e dunque veniamo a fare parte dello spazio-tempo, noi siamo, fin dai primi istanti, agiti dagli impulsi della volontà di vita che ci impone di comportarci in un certo modo e di conformarci alla varie situazioni attraverso reazioni che non sono governate dalla nostra soggettività, bensì dalla nostra genetica.
Da ciò, dunque, deriva la nostra sofferenza, nonché dalla consapevolezza del fatto che, se veniamo al mondo come degli orologi già programmati in tutto e per tutto, non siamo noi ad essere i veri artefici di tutto ciò che facciamo e scegliamo. A questo punto la domanda che mi sorge spontanea è la seguente: esiste o meno la libertà, ossia la facoltà del libero arbitrio?, tema su cui si sono innestate profonde meditazioni e su cui è intervenuta una miriade di pensatori. Secondo il pensiero di Schopenhauer, la risposta è un "no" deciso: infatti se nel momento in cui entriamo nel mondo, si manifesta fin da subito la volontà di vita, allora qualunque nostra azione è guidata da questa forza intrinseca a noi, al cui controllo sembrerebbe impossibile sfuggire.
Tuttavia, la mia prospettiva si discosta non poco dall'idea di Schopenhauer: mi risulta, infatti, piuttosto difficile credere che io, in qualità di persona, sia del tutto ( o per lo meno quasi) subordinato a questa forza connaturata. Con ciò non intendo negare la mia vita come corpo, poiché essendo esponente della specie umana, anche io sono agito da impulsi e da istinti con cui debbo farei conti, bensì intendo sottolineare la superiorità della soggettività rispetto alla volontà di vita. SE per Schopenhauer le due vite sono strettamente collegate, in quanto una guida l'altra ( la specie guida le nostre azioni per appagare, anche se solo provvisoriamente, i nostri desideri scaturiti dagli impulsi), lo le intendo separate. Sono inoltre convinto del fatto che la soggettività risulti essere più forte della volontà di vita, arrivando addirittura, in certi casi, a sopraffarla. Pertanto, la nostra vita ce l'ha sì un senso già prestabilito, che solo a ciascuno di noi è dato conoscere: non siamo, infatti, dei burattini che salgono sul palcoscenico per recitare la propria parte, pilotati da quel burattinaio che si identifica con la volontà di vita, o la specie, o la genetica, o comunque la si voglia chiamare. In realtà, siamo si dei burattini che salgono sul palcoscenico, ma i fili che dirigono i nostri gesti e le nostre azioni siamo noi, in quanto soggettività o anima, a gestirli e controllarli. Dunque il vero senso della nostra vita sta proprio nel cercare un senso, che possiamo trovare solamente salendo su quel palcoscenico, scavando nella nostra soggettività ed edificare quella parte del nostro destino che non è scritta da nessuna parte. Pertanto, parlando da cristiano credente, la vita vera non è quella chimico-biologica, ma quella spirituale che accoglie e tollera la prima, ma si trova nella condizione di poterla sopraffare in qualunque momento, anche quando per la ragione potrebbe sembrare impossibile. A questo punto la vita circoscritta nello spazio e nel tempo non è che una prova, durante la quale ognuno dì noi è tenuto ad esercitare la propria soggettività nel dominio dell'istinto e dell'impulso, in vista di quel qualcos' altro che io chiamo aldilà e Dio. L'uomo infatti se fosse puro corpo, sarebbe un essere vivente del tutto atipico, abulico, incapace di provare qualunque sentimento; ma fortunatamente, Dio ci ha donato un'anima che risiede nel cuore, non inteso come un muscolo dal punto di vista biologico, bensì come quello che Pascal definiva "Esprit de finesse", o cuore che riesce ad attingere verità trascendenti. E' dunque l'anima il soffio vitale che gli stoici chiamavano "pneuma" ( fuoco o soffio caldo) che anima il corpo e gli consente di provare emozioni così forti che la chimica e la biologia, essendo scienze razionali, non sarebbero mai in grado di sperimentare. E', tuttavia, anche vero che talvolta l'istinto alla vita soverchia l'anima, costringendoci il più delle volte ad agire impulsivamente in modi di cui ci pentiamo in un secondo momento; nonostante ciò, rimango convinto del fatto che la vera esistenza sia l'anima,che è Dio stesso che ci dà la vita attraverso la sua eterna misericordia e ci colma il cuore di gioia e serenità, vincendo l'impulso della specie che può essere considerato il terreno entro il quale sosteniamo l'esame per conseguire la vita eterna.
Per quanto riguarda, invece, la questione della sofferenza su questo mondo, trovo del tutto inutile cercarne le cause attraverso artificiose e complesse meditazioni filosofiche: la soluzione a tale problema è davanti ai nostri occhi: la causa di tanta sofferenza in questo mondo non è che l'uomo stesso. Nel corso della storia possiamo rintracciare numerosi esempi di uomini che pur di raggiungere il successo personale hanno disagiato molte altre persone ( adulti, anziani, bambini: uomini e donne indistintamente), senza curarsi alcunché delle sofferenze prodotte. Tuttavia la sofferenza non è quella che si sente a causa del mancato appagamento di un desiderio o volontà, o quella fisica che è per lo più passeggera: la vera sofferenza è quella che attanaglia lo spirito e lo stringe in una morsa, senza lasciargli un momento di sospiro.La sofferenza vera è quella che può derivare dalla perdita di una persona molto cara, che crea un vuoto incolmabile, che in molti casi nemmeno il tempo riesce a risanare; è una sofferenza che alla specie non è dato conoscere, in quanto essa tocca la dimensione del cuore. In definitiva, a tale riguardo, solo confidando nella misericordia divina è possibile allentare quella morsa stringente e trovare la così la tanto sospirata pace spirituale.

martedì 10 novembre 2009

Arthur Schopenhauer


Componi un testo libero, assumendo come spunto per le tue riflessioni il seguente brano di Artur Schopenhauer:


1. «Gli uomini somigliano a orologi, che vengono caricati e camminano, senza sapere il perché; ed ogni volta, che un uomo viene generato e partorito, è l'orologio della vita umana di nuovo caricato, per ancora una volta ripetere, frase per frase, battuta per battuta, con variazioni insignificanti, la stessa musica già infinite volte suonata. Ciascun individuo, cia­scun volto umano e ciascuna vita non è che un nuovo breve sogno dell'infinito spirito natura­le, della permanente volontà di vivere; non è che una nuova immagine fuggitiva, che la volontà traccia per gioco sul foglio infinito dello spazio e del tempo, lasciandola durare un attimo appena percettibile di fronte all'immensità di quelli, e poi cancellandola, per dar luogo ad altre. Nondimeno, e in ciò è l'aspetto grave della vita, ognuna di tali immagini fugaci, ognuno di tali insipidi capricci dev'essere pagato dalla intera volontà di vivere, in tutta la sua violenza, con molti e profondi dolori, e in ultimo con un'amara morte, a lungo temuta, final­mente venuta. Per questo ci fa così subitamente malinconici la vista d'un cadavere.
La vita d'ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti signifi­canti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della com­media. Imperocché l'agitazione e il tormento della giornata, l'incessante ironia dell'attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d'ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene di commedia. Ma i desideri sempre inappagati, il vano aspirare, le speranze calpestate senza pietà dal destino, i funesti errori di tutta la vita, con accrescimento di dolore e con morte alla fine, costituiscono ognora una tragedia. Così, quasi il destino avesse voluto aggiungere lo scherno al travaglio della nostra esistenza, deve la vita nostra contenere tutti i mali della tragedia, mentre noi non riusciamo neppure a conservar la gravità di personaggi tragici, e siamo invece inevitabilmente, nei molti casi particolari della vita, goffi tipi da commedia.”

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Bari, Laterza, 1991, vol. II, pp. 424-425).



2. “Se finalmente a ciascuno si volessero porre sott'occhio gli orrendi dolori e strazi, a cui è la sua vita perennemente esposta, lo coglierebbe raccapriccio: e se si conducesse il più ostinato ottimista attraverso gli ospedali, i lazzaretti, le camere di martirio chirurgiche, attraverso le prigioni, le stanze di tortura, i recinti degli schiavi, pei campi di battaglia e i tribunali, aprendogli poi tutti i sinistri covi della miseria, ove ci si appiat­ta per nascondersi agli sguardi della fredda curiosità, e da ultimo facendogli ficcar l'occhio nella torre della fame di Ugolino, certamente finirebbe anch'egli con l'intendere di qual sorte sia questo meilleur des mondes possibles. Donde ha preso Dante la materia del suo Inferno, se non da questo nostro mondo reale? E nondimeno n'è venuto un inferno bell'e buono. Quando invece gli toccò di descrivere il cielo e le sue gioie, si trovò davanti a una difficoltà insuperabi­le: appunto perché il nostro mondo non offre materiale per un'impresa siffatta. Perciò non gli rimase se non trasmetterci, in luogo delle gioie paradisiache, gli ammaestramenti, che a lui furono colà impartiti dal suo antenato, dalla sua Beatrice, e da differenti santi. Da ciò appari­sce abbastanza chiaro, di qual natura sia questo mondo”.


A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, cit., vol. II, p. 428.